Devo ammetterlo, per me la timidezza ha sempre rappresentato un grosso problema. Un enorme problema. Nei rapporti come nella vita di tutti i giorni la timidezza non è stata altro che un limite da superare, quasi una malattia da curare, perché il modo “giusto” di essere per la società è proprio l’opposto: bisogna essere estroversi, aperti, non aver paura di niente e di nessuno. La verità è che essere timidi è spesso l’altra faccia dell’essere sensibili. Ed essere sensibili, per quanto nella teoria sembri una grande qualità decantata in lungo e in largo, nella pratica è invece un grande svantaggio. L’esperienza ce lo dimostra continuamente: per sopravvivere nel mondo bisogna essere duri, avere la scorza coriacea di un armadillo e procedere sempre con la testa in posizione “ariete” nonostante le critiche. È concesso perfino comportarsi come se gli altri non capissero niente e urlare più forte, perché funziona. Come funziona prevaricare il prossimo in ogni situazione, dalla fila in posta alla riunione di lavoro.
VINCERE LA TIMIDEZZA È POSSIBILE? È NECESSARIO?
Col tempo si migliora, tutti i timidi lo fanno. O meglio, migliora il nostro rapporto col mondo esterno. Diventiamo per forza più resistenti perché fin dalla nascita prendiamo un sacco di mazzate. Gli altri ci sovrastano e noi subiamo. Inizialmente subiamo perché non è nella nostra natura trattare male gli altri nei confronti diretti o ribattere alle critiche. Ci sentiamo sempre gli ultimi, i più ignoranti, ci sembra sempre che gli altri siano migliori di noi, perché grazie al loro vociare spaccatimpani si mettono in mostra e quindi emergono. Invece noi rimaniamo nell’ombra, a sognare di andare sulla luna ma senza riuscire nemmeno a sentirci veramente a nostro agio su questo pianeta.
Ci sentiamo talmente fuori posto da desiderare di non essere fatti così, da voler cambiare il nostro carattere pur di sentirci accettati. Ma per quanto ci sforziamo saremo sempre sullo sfondo perché metterci in mostra per noi è veramente tanto faticoso, potremmo paragonare lo sforzo a una delle fatiche di Ercole. Un’impresa sovrumana. Per i non timidi invece è solo una conseguenza ovvia, semplice della loro natura. Loro saranno sempre un passo avanti a noi in questo mondo. Questo è un fatto indiscutibile. Tanto è vero che il web pullula di articoli che ci promettono di insegnarci con “5 semplici trucchi” come vincere la timidezza, nella vita privata o sul lavoro. “Combattere la timidezza non è mai stato così semplice”.
Patetico. Però noi ci caschiamo perché vogliamo davvero diventare “come gli altri” e non sentirci più sbagliati.
Ricordo che da bambina a scuola il tormentone era sempre lo stesso: “è brava, intelligente e si applica ma non partecipa. Parla troppo poco.” Come se questo fosse un difetto, un difetto da correggere. Il che, invece di darmi una spinta a parlare di più, non faceva che amplificare la mia paura di non rispondere alle aspettative degli adulti e alimentare la mia introversione.
MALATTIA DA CURARE O CARATTERISTICA DA ACCETTARE?
Adesso ne sparerò una grossa.
La timidezza non è un difetto da correggere e gli insegnanti, gli adulti in generale (quelli che lo fanno si intende — comunque quasi tutti, timidi compresi) devono smetterla di volere che i bambini si uniformino a un modello di homo sapiens che può sopravvivere al mondo. Il mondo è come noi lo creiamo. Se continuiamo a insegnare ai bambini che devono vincere la timidezza per sopravvivere continueremo ad avvallare un mondo in cui il più forte vince. Per quanto sia un consiglio “pratico”, questo non ci nobilita come esseri umani, ci fa solo assomigliare di più agli animali, che — non fraintendetemi — non hanno in sé nulla di sbagliato. Solo non fingiamoci poeti o filosofi o semplicemente superiori a loro perché non lo siamo.
Ora ne dirò una ancora più grossa. Io non voglio smettere di essere timida, perché essere timidi ci rende più umili di molte altre persone. Non solo, ci rende gentili e empatici nei confronti dei più deboli, ci rende profondi e capaci di sviluppare pensieri importanti, che vanno al di là della mera sopravvivenza. Io voglio un mondo in cui i timidi possano sentirsi liberi di essere timidi, un mondo in cui tutti coloro che sono per natura diversi dal modello standard di bestia sapiens possano sentirsi liberi di essere diversi.
Ecco, l’ho detto. Anzi l’ho scritto. Perché scrivere è il prezioso dono che mi è stato offerto quando sono nata timida. Scrivo perché per me è sempre stato molto più facile scrivere che parlare. E allora? È il mio modo di esprimermi e ne sono — finalmente — molto felice. Magari non emergerò mai in questo mondo (quel famoso andare sulla luna), ma non smetterò di provarci perché essere timidi non significa non essere determinati, appassionati o capaci di fare le cose. Il mondo non è quello che io vorrei che fosse, ma sono convinta di poter comunicare la mia opinione trovando il modo di raggiungere qualcuno che voglia ascoltare quello che ho da dire. Non allestendo uno stand in piazza col megafono, perché non è nelle mie corde (non che sia sbagliato farlo), ma scrivendo.
In definitiva, vincere la timidezza è davvero necessario? Non è forse meglio concentrarci su ciò che è veramente importante, ovvero gli obiettivi che vogliamo raggiungere nel tempo che abbiamo disposizione? Dobbiamo tutti maturare e migliorare andando avanti, ma non dobbiamo per forza cambiare noi stessi per rispondere ai requisiti imposti dalla società. Possiamo invece cominciare oggi a credere in un mondo diverso, decidendo di accettare la nostra timidezza come parte di noi e impegnarci per trasformarla in qualcosa di positivo. Senza vergognarcene, perché è una nostra caratteristica e ci qualifica come esseri umani.